Alla fine ci è riuscita. Ha deciso di abbandonare le faccende domestiche e concedersi un pomeriggio per lei.
Sa benissimo che, nonostante la sua pioggia e lo shopping, quello che sta facendo non è altro che una violenza contro sé stessa.
Certo, è proprio lei che passeggia per le vie del centro, sotto il suo ombrello viola.
Si, è lei che scruta le vetrine dei negozi, tenendo l'unghia del pollice tra i denti con un fare un po' altezzoso.
Un acuto osservatore avrebbe potuto captare che tutto in lei è sinonimo di inquietudine: i suoi passi frettolosi, lo sguardo puntato verso l'orizzonte, mai basso ma sempre assente e non di certo per superiorità, l'accavallare ripetutamente le gambe mentre siede in metro e lo sbattere le palpebre sgranando gli occhi.
È entrata nel negozio, ci è riuscita. Si, alla fine ci è riuscita.
Sono mesi che si è riproposta di farlo, da quando la sua amica le ha suggerito che era l'ultimo tentativo.
Si vergogna un po'. Il suo viso pulito, ancora acerbo, con quel colorito roseo e quell'espressione ingenua da bambina, sono del tutto fuori luogo in quel contesto.
È entrata, ha posato l'ombrello sul pavimento facendolo scivolare dolcemente sul foglio del City adibito a portaombrelli.
Il commesso la fissa incuriosito.
Lei avverte il suo sguardo ma decide di continuare ad indossare la maschera.
Sbottona il suo spolverino facendo intravedere quella maglia scollata che le risalta il suo seno, piccolo ma sodo.
L'ha fatto per voler mostrare che, nonostante il suo aspetto da adolescente, possiede anche lei ciò che tutte quelle che invidia hanno: una sensualità e la capacità di stuzzicare l'uomo. Arrivata davanti allo scaffale ha subito pensato: "Devo vederli tutti attentamente e scegliere il migliore, a costo di star qui fino alle 18".
Ce ne sono almeno una trentina.
Nero classico, rosso da tentatrice, bianco da finta sprovveduta, con pizzo, con lacci, con strass e perline.
Ci sono cose che non ha mai osato immaginare: tutine in rete che usano chiamare catsuit, mutande con aperture per facilitare l'accesso, reggiseni senza coppa, corsetti.
Non sa se osare, non sa cosa pensare. Le sembra tutto volgare.
Le vengono in mente le immagini di quei siti che ha scoperto sul suo computer, quegli annunci. Le viene in mente quella mail che ha dovuto perdonare.
Inizia a chiedersi perché la donna debba diventare un oggetto travestendosi. Inizia a dirsi che lei deve essere apprezzata per ciò che è, perché la semplicità è eleganza.
Sta per voltarsi ed arrendersi. Improvvisamente le viene in mente un'altra delle solite sere che trascorre da un anno.
Lui arriva dal lavoro, le dice soltanto ciao, si spoglia e accende il pc.
Lei, tentando di essere indifferente, continua a spostare penne, cornici, vasi, tutto ciò che trova nella stanza.
Lei prepara la cena, lui si alterna tra ebay e televisione.
Lei sparecchia, lava i piatti e va subito a letto.
Con quel suo pigiama lungo, nero, felpato, quello che lui odia, quello che la fa sembrare suo fratello, come dice lui.
Bene. Adesso però ha deciso di premere il tasto rewind.
Continua a vivisezionare quei completi ed immaginare un altro finale per quella serata.
Ha deciso che ci proverà, però gradualmente.
Lei è così. Esclude i lacci in pelle, il pizzo ricamato, il lattice rosso, le catsuit ed opta per un completo nero, un po' striminzito, come lo descriverebbe sua madre, ma capace di ottenere il risultato desiderato.
Paga, evitando di incrociare gli occhi del commesso, riprende l'ombrello e prosegue per le vie che la conducono a casa.
La pioggia la spaventa, sa che sotto di essa si abbandona sempre ai suoi pensieri.
La fa riflettere. Ma non può riflettere ora.
Deve evitare di svegliarsi e capire che il problema è lui. Deve restare anestetizzata, deve credere di non essere femminile. Deve solo pensare che quella che non va è lei, ma che ora sarà tutto più facile avendo scoperto questo nuovo territorio.
È arrivata a casa. Apre la porta, poggia l'impermeabile sulla poltrona e come una bambina quando riceve la sua Barbie, corre davanti allo specchio e lo prova.
Si guarda, sposta un po' il perizoma verso il basso, sistema il babydoll per non evidenziare quei difetti e lo toglie.
Velocemente, vergognandosi.
Alla fine ci è riuscita, ha deciso che questa sera sarà come le altre sere, che preparerà la cena, laverà i piatti e leggerà qualche pagina di Gita al Faro a letto.
Ha deciso che si deve sentire bella anche con una semplice canotta, che però la canotta non la fa sentire così solo perché lui adesso pensa esclusivamente che deve organizzare quel caffè con l'altra.
Non può badare a sua moglie. Non ha tempo per lei perché non ha voglia di lei.
Io tutto questo lo so perché mentre lei era davanti allo specchio ero là.
E la scrutavo.
Ero là ma non riuscivo a farle sapere che è bella.
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